Ragazzo seviziato a Napoli, i parenti del fermato: stavano solo giocando

 
Lo hanno fermato per tentato omicidio, per aver provocato lesioni gravissime a un ragazzino di 14 anni che è stato insultato e seviziato con un compressore perché "obeso". Ma i parenti di questo giovane di 24 anni, in un video esclusivo de il Mattino, minimizzano il suo comportamento: "Hanno fatto una enorme stupidaggine ed è giusto che tutti quelli che vi hanno preso parte paghino, ma che paghino il giusto". Ma secondo loro "non è un tentato omicidio né altro, sono tutti bravi ragazzi che si prendevano in giro tra loro. Non hanno capito che il compressore, con quella potenza, avrebbe fatto danni. Per loro era un gioco". Per la violenza che ha ridotto in fin di vita il ragazzo - la madre ha spiegato che "lotta tra la vita e la morte" - è stato arrestato un giovane di 24 anni, l'esecutore materiale, e altri due ragazzi che hanno assistito alla scena, senza fare nulla.

Che cos’è il bullismo?

 

Per bullismo si intendono tutte quelle azioni di sistematica prevaricazione e sopruso messe in atto da parte di un bambino/adolescente, definito “bullo” (o da parte di un gruppo), nei confronti di un altro bambino/adolescente percepito come più debole, la vittima. 

Secondo le definizioni date dagli studiosi del fenomeno , uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto deliberatamente da uno o più compagni. 

Non si fa quindi riferimento ad un singolo atto, ma a una serie di comportamenti portati avanti ripetutamente, all’interno di un gruppo, da parte di qualcuno fa o dice cose per avere potere su un’altra persona. 

 

Il termine si riferisce al fenomeno nel suo complesso e include i comportamenti del bullo, quelli della vittima e anche di chi assiste (gli osservatori). 

E’ possibile distinguere tra bullismo diretto (che comprende attacchi espliciti nei confronti della vittima e può essere di tipo fisico o verbale) e bullismo indiretto (che danneggia la vittima nelle sue relazioni con le altre persone, attraverso atti come l’esclusione dal gruppo dei pari, l’isolamento, la diffusione di pettegolezzi e calunnie sul suo conto, il danneggiamento dei suoi rapporti di amicizia). Quando le azioni di bullismo si verificano attraverso Internet (posta elettronica, social network, chat, blog, forum), o attraverso il telefono cellulare si parla di cyberbullismo.

 

Quali sono le caratteristiche del bullismo?

Perché si possa parlare di bullismo è necessario che siano soddisfatti alcuni requisiti:
  • protagonisti sono sempre bambini o ragazzi, in genere in età scolare, che condividono lo stesso contesto, più comunemente la scuola;

  • gli atti di prepotenza, le molestie o le aggressioni sono intenzionali, cioè sono messi in atto dal bullo (o dai bulli) per provocare un danno alla vittima o per divertimento;

  • c’è persistenza nel tempo: le azioni dei bulli durano nel tempo, per settimane, mesi o anni e sono ripetute;

  • c’è asimmetria nella relazione, cioè uno squilibrio di potere tra chi compie l’azione e chi la subisce, ad esempio per ragioni di età, di forza, di genere e per la popolarità che il bullo ha nel gruppo di suoi coetanei;

  • la vittima non è in grado di difendersi, è isolata e ha paura di denunciare gli episodi di bullismo perché teme vendette

 
A partire da queste premesse, è importante ricordare che il bullismo non è
  • uno scherzo: nello scherzo l’intento è di divertirsi tutti insieme, non di ferire l’altro; 

  • un conflitto fra coetanei: il conflitto, come può essere un litigio, è episodico, avviene in determinate circostanze e può accadere a chiunque, nell’ambito di una relazione paritaria tra i ragazzi coinvolti.  

 

Cyberbullismo: cos’ è?

Internet ha aperto nuove possibilità per tutti noi. L’altra faccia della medaglia è però rappresentata dai rischi legati ad un uso improprio di questo strumento: tra questi c’è il cyberbullismo

 

Per i giovani che stanno crescendo a contatto con le nuove tecnologie, la distinzione tra vita online e vita offline è davvero minima. Le attività che i ragazzi svolgono online o attraverso i media tecnologici hanno quindi spesso conseguenze anche nella loro vita reale. Allo stesso modo, le vite online influenzano anche il modo di comportarsi dei ragazzi offline, e questo elemento ha diverse ricadute che devono essere prese in considerazione per comprendere a fondo il cyberbullismo.
 Qui trovate le risposte alle domande che più frequentemente ricorrono su questo tema: avrete modo di capirne le cause e gli effetti e cosa fare per aiutare bambini ed adolescenti a mettere in atto comportamenti responsabili, senza essere autori, vittime o coloro che guardano senza reagire.
 
Si può definire cyberbullismo l’uso delle nuove tecnologie per intimorire, molestare, mettere in imbarazzo, far sentire a disagio o escludere altre persone
 
Tutto questo può avvenire utilizzando diverse modalità offerte dai nuovi media. Alcuni di essi sono:
  • Telefonate
  • Messaggi (con o senza immagini)
  • Chat sincrone
  • Social network (per esempio, Facebook)
  • Siti di domande e risposte
  • Siti di giochi online
  • Forum online
 
Le modalità specifiche con cui i ragazzi realizzano atti di cyberbullismo sono molte. Alcuni esempi sono:
  • pettegolezzi diffusi attraverso messaggi sui cellulari, mail, social network;
  • postando o inoltrando informazioni, immagini o video imbarazzanti (incluse quelle false);
  • rubando l’identità e il profilo di altri, o costruendone di falsi, al fine di mettere in imbarazzo o danneggiare la reputazione della vittima;
  • insultando o deridendo la vittima attraverso messaggi sul cellulare, mail, social network, blog o altri media;
  • facendo minacce fisiche alla vittima attraverso un qualsiasi media.
 
Queste aggressioni possono far seguito a episodi di bullismo (scolastico o più in generale nei luoghi di aggregazione dei ragazzi) o essere comportamenti solo online. 
 

 

 “  Le cose cambiano”, le vostre storie
      per fermare i bulli

 
 
 

Volti e parole per infrangere l’infinita solitudine dell’adolescenza e raggiungere dallo schermo del computer il ragazzino che si sente unico al mondo. E pensa di non farcela più perché agli altri non va bene se è gay, o è nato in un corpo in cui non si riconosce. È «Le cose cambiano», un sito online (lecosecambiano.org) pensato per raccogliere i video di chiunque voglia raccontare che si possono superare bullismo e omofobia; lo ha promosso la casa editrice Isbn in collaborazione con ilCorriere della Sera e la Fondazione Enel Cuore onlus. Una «biblioteca digitale di futuri possibili» per aiutare gli adolescenti vittime dei bulli a «immaginare un lieto fine per la loro storia» lo definisce Linda Fava, 29 anni, l’editor di Isbn che con il direttore editoriale Massimo Coppola ha voluto il progetto e ieri a Milano lo ha presentato insieme al direttore delCorriere Ferruccio de Bortoli, allo psichiatra Vittorio Lingiardi, all’esperto di comunicazione Fulvio Zendrini, al consigliere delegato di Enel Gianluca Comin e allo scrittore Paolo Giordano.

Le Cose Cambiano è la traduzione italiana dell’americana It Gets Better, la campagna nata sul web nel 2010, quando lo scrittore e attivista gay Dan Savage e suo marito Terry Miller postarono un video su YouTube in reazione all’ondata di suicidi negli Usa trateenager gay. Era un appello agli adolescenti per scongiurarli di non uccidersi, perché solo chi trova la forza di andare avanti scopre che le cose cambiano: «Anche noi ci siamo passati, ma le cose sono migliorate — raccontavano —. Tenete duro, chiedete aiuto, ascoltate le storie di chi ha vissuto quello che state vivendo voi e adesso ha una vita piena e felice». Il video è stato visto due milioni di volte e ha ispirato migliaia di persone, che in 50 mila clip hanno raccontato le loro vite per dire «it gets better»: andrà meglio. Tra di loro anche il presidente Barack Obama, che confessava: «Non so cosa significa essere preso in giro perché sei gay. Ma so cosa vuol dire crescere avendo la sensazione di essere fuori posto».

Negli Stati Uniti  i crimini motivati da odio ideologico, cioè che prendono di mira le vittime per il colore della loro pelle, il loro orientamento  sessuale o le loro convinzioni religiose, non vengono denunciati in due casi su tre. E si parla di reati veri e propri: gli atti di bullismo sono ancora più sfuggenti ed è difficile che emergano. In Italia stime del genere neanche ci sono. Eppure si tratta di comportamenti che hanno conseguenze pesanti sulle vite delle persone: «Il bullismo crea disturbi assimilabili a quellipost-traumatici, che durano nel tempo  - dice Vittorio Lingiardi, psichiatra e direttore della Scuola di Specializzazione in Psicologia Clinica di Roma – Sono come cicatrici che rendono difficile sentirsi con le carte in regola nella vita». Per combatterlo bisogna iniziare a pensare in modo nuovo: «Le cose cambiano è smettere di pensare: ‘Perché sono omosessuale?’ e iniziare a pensare: ‘Perché sei omofobo? –  chiosa Lingiardi – A nessuno del resto verrebbe in mente di chiedere: ‘Perché sei nero?. Tutti sanno che la domanda giusta è: ‘Perché hai un problema se uno è nero?’».

Combattere il bullismo significa anche aiutare gli adolescenti gay, chepensano al suicidio o lo tentano tre volte più della media dei loro coetanei, a trovare orizzonti e prospettive. «Ho sempre creduto nella narrazione come strumento di emancipazione e auto-emancipazione – aggiunge Massimo Coppola, che non a caso dirige una casa editrice – Questa ci sembrava anche un’opportunità di usare la rete in senso buono». E così, da ieri, ai video di It Gets Better, si sono aggiunte le voci italiane di Le Cose Cambiano.

«Tu non sei sbagliato. Se in questo momento ti senti perso, continua a tenere la testa alta. Se le persone intorno a te sembra che non ti capiscano, c’è qualcuno che può e vuole ascoltarti», raccomanda Andrea dallo schermo, e forse parla anche al ragazzino che è stato. «Sentivo delle brutte parole» sui gay «e pensavo di dover essere come quelle parole: una brutta persona», racconta nel video Marcello (sopra), che invece è bellissimo. «Quello che ti ritrovi addosso non è qualcosa in meno, ma è unvalore aggiunto», dice Valeria. Alle loro testimonianze si aggiungeranno i video di chiunque voglia far sentire la sua storia, per fare del sito un «luogo di condivisione e denuncia» dal «profondo contenuto sociale» che ilCorriere — ha spiegato de Bortoli — è «fiero» di sostenere .
Tra le parole parole più commoventi, ieri, quello dello scrittore Paolo Giordano. Dal palco legge con molto pudore la storia – vera – di Samuele, a cui piacciono i giochi da bambina, Samuele che sfida senza saperlo il bullo represso in ognuno di n0i: «Possibile che tu non sappia mai essere normale?!», gli chiede la maestra. Giordano legge la storia senza morale di Samuele, perché «le storie vere sono sempre tragicamente prive di morale», e la voce a tratti gli si incrina. Quando conclude la sua emozione è quella di tutta la sala, con una consapevolezza nuova:

«Oggi promettiamo che “le cose cambiano”, che cambieranno. Ebbene, la missione non è andare a pizzicare i bulli negli istituti superiori, per schedarli e redimerli uno a uno: la missione che ci attende è un’opera grandiosa di bonifica, su un territorio di metratura pressoché infinita e fino a una profondità che ci coinvolge senza eccezioni, con le nostre paure di tutto ciò che non conosciamo, di tutto ciò che non capiamo». 

 

 

Ragazzo gay si suicida per colpa dei bulli

 

 

 

 

L’ennesima tragedia è avvenuta nei giorni scorsi. Un ragazzo gay si è suicidato a causa delbullismo negli Stati Uniti, per l’esattezza in una scuola dello Utah. Il nome di questa ennesima vittima dell’omofobia e della crudeltà umana è Jack Reese, un ragazzo che a soli diciassette anni ha deciso di lasciare un mondo, una società, una vita troppo crudele, una vita all’insegna dell’odio e delle discriminazioni. Come fin troppo spesso accade in quasi tutte le scuole del mondo, Jack veniva deriso dai compagni a causa della sua omosessualità. Atti di bullismo, insulti, attacchi e tanto, troppo odio immotivato.

 

Nick Jonas contro il bullismo omofobo

 
 
                                   
 
Proprio qualche ora fa parlavamo di un altro caso di bullismo omofobo, un caso che ha portato alla morte di un ragazzino di soli quattordici anni, vittima della discriminazione, dei pregiudizi e degli insulti di compagni di scuola ignoranti, insensibili e spietati. A schierarsi contro il bullismo omofobo, contro l’omofobia e contro la discriminazione non devono essere necessariamente solo le persone omosessuali. Anche ragazzi e ragazze eterosessuali dotate di un minimo di buon senso, di una buona dose di umanità e maturità, e – perché no – di un cervello funzionante, vogliono dire la loro in merito alla questione!
 

Ragazzo gay si suicida a causa dell’omofobia: addio a Phillip Parker

 
 
                                     
Un altro ragazzo gay ha deciso di farla finita, e si è tolto la vita, stanco di essere continuamente vittima di insulti, discriminazione e omofobia. L’omofobia non è solo una parola, l’omofobia è un dramma che si sviluppa soprattutto fra i giovani e i giovanissimi, colpevoli di emulare forse gli atteggiamenti di adulti che, nel tentativo di apparire virili, scherniscono e offendono le personeomosessuali. Questa è la storia di Phillip Parker, ma è anche la storia di caro Tiziano Ferro, è la storia del rugbista Gareth Thomas, di ‎Tyler Clementi, di Dominic Crouch e di tanti, troppi ragazzi e ragazze in tutto il mondo.
 

 

 

 

Bullismo: riconoscerlo e

 

 prevederlo

 
 
 
 
 

Il bullismo interessa soprattutto bambini e ragazzi (sia maschi che femmine) dai 7 ai 18 anni, andando a toccare gli anni delle scuole elementari, medie e superiori. Si caratterizza per provocazioni e violenze verbali e fisiche perpetrate a danno di uno stesso soggetto e per un periodo di tempo più o meno prolungato. Quando uno scherzo o una presa in giro diventa un accanimento costante e prolungato, tale da condizionare la vita quotidiana di bambini e ragazzi, si parla di bullismo, un fenomeno caratterizzato da dinamiche di violenza fisica e verbale conripercussioni pesanti. Il bullismo, secondo alcune inchieste, è diffuso in maniera capillare, tanto da coinvolgere, almeno una volta nella vita, addirittura il 41% dei bambini italiani. Spintoni e insulti non avvengono solo all’interno dei corridoi e delle aule scolastiche, al contrario possono riguardare anche altri luoghi pubblici come giardini, parchi, cortili ecc.

Il bullismo va riconosciuto e combattuto. Errato pensare che si tratti solo di una fase della crescita, al contrario rappresenta un grave fenomeno sociale, purtroppo in costante aumento e amplificato dai social network, che in molti casi diventano il luogo preferito per diffamare e offendere.

 

1- Caratteristiche

 

Tra i comportamenti che possono essere identificati come atti di bullismo vi sono: minacce, insulti, calci, pugni, diffamazione, spintoni, furti, derisioni di stampo razzista o a sfondo religioso, emarginazione ecc. Ciò che li contraddistingue come espressioni di bullismo vi è il fatto che vengono perpetrati nel tempo a danno di una stessa persona.


2-Due tipi di bullismo

Due sono le tipologie di bullismo, quello diretto e quello indiretto: alla prima categoria appartengono quelle manifestazioni di violenza, offesa, denigrazione e calunnia inferite direttamente alla vittima prescelta, mentre alla seconda tipologia appartengono quelle forme di attacco indirette, come ad esempio l’isolamento del soggetto. Indipendentemente dal tipo di bullismo, questo fenomeno è grave e potenzialmente pericoloso per gli effetti sulla psiche del soggetto coinvolto, per questa ragione è fondamentale riconoscerlo prima che sia troppo tardi e denunciare immediatamente alle autorità competenti.


3-  Fare prevenzione

La strategia migliore per combattere il bullismo è sicuramente la prevenzione, ad esempio promuovendo un clima culturale e sociale che scoraggi sul nascere certi comportamenti prepotenti e prevaricatori. La scuolaè il primo fondamentale luogo dove si sviluppano le relazioni sociali tra i bambini e, proprio per questo ruolo educativo, ha anche la responsabilità di promuovere quei valori che possano aiutare a prevenire il bullismo: promuovere la conoscenza reciproca, insegnare il rispetto verso le altre realtà socio-culturali e religiose, favorire l’autostima dei ragazzi, insegnare come affrontare i conflitti e soprattutto insegnare il rispetto delle regole della convivenza civile.

 

4- I segnali da non sottovalutare

 

Troppo spesso i bambini vittime di bullismo non denunciano il fatto, un po’ per paura, un po’ in quanto tendono a minimizzare l’accaduto giustificando i carnefici e arrivando persino a considerarsi “meritevoli” delle accuse mosse verso di loro, in un circolo vizioso che in casi estremi può portare al suicidio.

Se i nostri figli manifestano uno o più dei seguenti disturbi, è bene provare a parlare loro cercando di spingerli ad un dialogo: disturbi psicosomatici, isolamento, frequenti mal di testa o di pancia, depressione, calo nel rendimento scolastico ecc.

In ogni caso, mai sottovalutare tali segni e mai lasciare soli i propri figli ad affrontare un qualsiasi tipo di problema.

Alcuni ulteriori segnali possono aiutare a riconoscere il problema:

  • improvvisamente vostro figlio non ha più voglia di andare a scuola e non vuole essere accompagnato
  • venite a sapere che salta la merenda e quando gli domandate perché, vi risponde dicendo che l’ha persa o dimenticata.
  • improvvisamente vostro figlio vi appare cambiato, più introverso e isolato dai suoi amichetti
  • scoprite graffi, lividi o strappi nei suoi vestiti

5- Ritratto del bullo

 

Come riconoscere un bullo? Il bullo è di solito un ragazzo o una ragazza che si accanisce contro una vittima più debole e solitamente di età inferiore alla sua, sia attraverso intimidazioni, derisioni e minacce verbali, sia attraverso violenza fisica e soprusi di vario genere. Spesso il bullo non agisce totalmente da solo, ma è supportato da un gruppetto di amici, di fronte ai quali si compiace nell’infierire sulla vittima. Maggiore è l’effetto provocato, maggiore sarà la sua soddisfazione, che lo porterà a ripetere l’offesa nel tempo, fin tanto che la vittima continuerà a soffrire visibilmente per la situazione.

Il bullo, sia maschio che femmina, desidera ferire intenzionalmente la sua vittima, possibilmente in maniera ripetuta nel tempo. Si tratta di un soggetto aggressivo sia verso i coetanei , che verso gli adulti, impulsivo e propenso alla violenza. Per quanto disprezzo e sdegno possa suscitare, anche il bullo va aiutato, e il primo passo è quello di denunciarlo. La prepotenza del bullo non sempre è connessa alla sua insicurezza: spesso si tratta infatti di soggetti molto sicuri di sé e altamente capaci di attirare gli altri con il loro carisma, istigandoli a diventare complici della loro violenza. 
In altri casi i bulli sono ragazzi che hanno alle spalle problemi famigliari e sfogano il loro malessere su soggetti ritenuti più deboli. I bulli hanno spesso problemi all’interno della propria famiglia o problemi di tipo relazionale all’interno della scuola. In alcuni casi sono stati essi stessi vittime di bullismo in passato oppure temono di poterlo diventare e giocano d’anticipo, scegliendo una vittima  prescelta.

 

6- Le conseguenze

 

Il soggetto vittima di bullismo può andare incontro a gravi conseguenze, soprattutto a livello psicologico, portandosi dietro un trauma difficile da rimuovere. Paura, depressione, ansia, malessere fisico, disturbi del sonno, scarsa autostima, calo del rendimento scolastico sono solo alcuni degli effetti devastanti cui può andare incontro colui o colei che subisce bullismo.

 

7- Come aiutare vostro figlio

 
Se sospettate o avete la certezza che vostro figlio sia vittima di bulli, fate il possibile per non farlo sentire mai solo, denunciate il fatto alle autorità, cercate di rassicurarlo sul fatto che il suo non è un caso isolato, e soprattutto non istigatelo a rispondere alle intimidazioni, piuttosto insegnategli alcune mosse per difendersi come ad esempio evitare i luoghi isolati, sia all’interno della scuola, sia sulla strada di casa e mostrarsi il più possibile indifferenti ad ogni provocazione, la vera arma contro i bulli. 
Mettetevi in contatto con gli insegnanti di vostro figlio, esponendo loro la situazione e assicurandovi che monitorino i soggetti identificati come bulli. La scuola è il luogo privilegiato dai bulli, pertanto è fondamentale che vi sia cooperazione tra genitori ed insegnanti. Alcuni istituti organizzano programmi e seminari sul tema bullismo. Se un genitore sospetta che il proprio figlio sia vittima o autore di episodi di bullismo, dovrebbe immediatamente parlarne con i docenti. Alla stessa maniera, se è un insegnante ad accorgersi di atti di bullismo, dovrebbe subito convocare i genitori, sia quelli del bullo che quelli della vittima, e studiare insieme una strategia che ponga fine ad ogni prevaricazione.
Infine, se vostro figlio ha subìto bullismo e notate che le ripercussioni psicologiche su di lui sono notevoli, potrebbe valere la pena rivolgersi ad uno psicologo.
Purtroppo alcune inchieste hanno messo in luce come tra gli adulti vi sia una conoscenza molto approssimativa del bullismo e anche una certa difficoltà ad affrontare il problema. Un dato allarmante riguarderebbe il fatto che addirittura un italiano su quattro sembrerebbe negare l’esistenza stessa del fenomeno, etichettandolo come una fase di crescita del tutto normale. Questo atteggiamento non fa che permettere ai bulli di continuare ad accanirsi su tante vittime innocenti ed indifese, che talvolta non trovano l’aiuto sperato nei propri genitori. Sottovalutare un problema e un fenomeno sociale come questo equivale a far sì che esso continui a diffondersi e a prosperare tra i giovani.

13ENNE GAY SI UCCIDE: VITTIMA DI BULLISMO OMOFOBICO

 

Lo scorso giovedì, Asher Brown, un ragazzino di 13 anni del Texas si è suicidato con un colpo di pistola alla testa. Da tempo era vittima del bullismo e delle angherie dei compagni di classe della Hamilton Middle School di Houston. Lo chiamavano “gay” e lo prendevano in giro per come si vestiva e per il suo orientamento religioso. Alcuni compagni avevano addirittura simulato con lui dei rapporti omosessuali durante l’ora di educazione fisica. La situazione era diventata talmente insostenibile per lui, cheha impugnato una pistola e si è sparato un colpo. “Bullied to death

I suoi genitori, David e Amy Truong avevano chiamato diverse volte la scuola negli ultimi 18 mesi per riportare gli episodi di omofobia di cui il figlio era vittima. La scuola ora nega di aver mai ricevuto segnalazioni di questo genere da parte dei genitori. “Di certo non ci siamo sognati le telefonate fatte ai counselor e agli assistenti del preside. Non avremmo nessuna ragione per inventarci una storia come questa. E’ come se ci stessero dando dei bugiardi” dice la madre. “Vogliamo che venga fatta giustizia” rincara il padre del ragazzo “La gente va responsabilizzata e fermata. E’ successo davvero. Ci sono testimoni ovunque“.

La mattina del suo suicidio, Asher aveva detto al suo patrigno che era gay. “Va bene così” aveva risposto lui. L’ultimo episodio di bullismo da parte dei suoi compagni era avvenuto il giorno prima: Asher era stato spinto per le scale, il suo zaino lanciato via e i suoi libri presi a calci per tutte le gradinate.

Spero siate felici di ciò che avete ottenuto. Spero che abbiate ottenuto quello che volevate e che siate soddisfatti di voi stessi” ha voluto gridare la madre ai bulli che tormentavano suo figlio. “Spero che i responsabili siano trovati e assicurati alla giustizia: sì, il bullismo deve essere fermato, punto. I bulli devono capire che le loro parole non sono inoffensive ma possono distruggere le vite delle persone, come la nostra“.

 

Bullismo Omofobico

 
definizione di bullismo; essi richiedono un approfondimento, poiché chiamano in causa un fenomeno largamente diffuso tra gli adolescenti, ma del quale difficilmente si parla. Il bullismo omofobico può essere definito come "quei comportamenti violenti a causa dei quali un alunno o un'alunna viene esposto ripetutamente ad esclusione, isolamento, minaccia, insulti e aggressioni da parte del gruppo dei pari, di una o più persone che stanno nel suo ambiente più vicino, in una relazione asimmetrica di potere, dove gli aggressori o "bulli" si servono dell'omofobia, del sessismo, e dei valori associati all'eterosessismo. La vittima sarà squalificata e de-umanizzata, e in generale, non potrà uscir fuori da sola da questa situazione, in cui possono trovarsi tanto i giovani gay, lesbiche, transessuali o bisessuali, ma anche qualunque persona che sia recepita o rappresentata fuori dai modelli di genere normativi" (Platero e Gomes, 2007).
 
A partire da questa definizione, possiamo comprendere le forme differenti che il fenomeno assume, e che vanno dai comportamenti di tipo verbale alle violenze fisiche: derisioni, insulti, prese in giro, scritte sui muri o esclusione dal gruppo di pari, fino ad arrivare a violente prepotenze. 

Quello che emerge chiaramente dalla letteratura sull'argomento, è che la dinamica di sopraffazione propria del bullismo omofobico è diretta non solo verso gay, lesbiche, bisessuali e transessuali, ma anche verso eterosessuali che escono fuori dagli schemi, adolescenti che si stanno interrogando sulla propria identità sessuale o persone che hanno amici, familiari o genitori omosessuali. 

Sicuramente, alla base di tali comportamenti di disprezzo vi sono le comuni convinzioni radicate nella cultura e veicolate attraverso il linguaggio: molte delle manifestazioni di disprezzo nei confronti dell'omosessualità, presenti nel gergo degli adolescenti (ma non solo), rimandano a categorizzazioni che marcano una diversità e hanno valenze di tipo negativo, che tendono a "deumanizzare" coloro cui sono rivolte, facilitando così le dinamiche di sopraffazione proprie del bullismo.  Tali offese, inoltre, sono solitamente utilizzate non soltanto per definire una persona omosessuale, ma in generale per descrivere comportamenti poco accettati: in tal modo, chiunque esca fuori dagli schemi, può essere in qualche modo "segnalato", perché non rispondente agli stereotipi culturali dominanti.
 
Da questa breve disamina possiamo facilmente notare come, al pari del bullismo, il bullismo omofobico presenta alcune fondamentali caratteristiche, rilevate da tutta la letteratura sull'argomento, ovvero l'intenzionalità, la sistematicità e la relazionalità. Quest'ultima in particolare si manifesta attraverso l'asimmetria relazionale: negli episodi di bullismo omofobico, l'appartenenza o la non appartenenza allo stereotipo di genere dominante nel gruppo dei pari costituisce un fattore determinante; oltretutto, l'appartenenza al gruppo dominante, e quindi in tal senso a ciò che viene considerato "normale", rende colui che prevarica in qualche modo più forte e sicuro di sé. 
 

Al di là delle somiglianze, però, vanno anche messe in evidenza le specificità del bullismo omofobico, che distinguono questo fenomeno da altri che possono apparire simili. La chiave di tale importante differenza è proprio nell'omofobia, che tende ad agevolare i ruoli di aggressore e di vittima grazie all'appoggio sociale. Difatti,  alcuni tra gli elementi specifici che contraddistinguono il bullismo omofobico rispetto ad altre forme di bullismo, sono proprio la presenza invisibile dell'educazione "formale" (ricca di stereotipi di genere) all'interno del sistema educativo, il rifiuto familiare o la paura di un esplicito e specifico appoggio verso le sessualità minoritarie, il contagio dello stigma non solo tra la popolazione LGBT, ma anche tra coloro che appoggiano tale popolazione, e, soprattutto, la normalizzazione dell'omofobia, che provoca un'interiorizzazione negativa della propria identità. Pertanto, anche chiedere aiuto a qualcuno equivale a centrare l'attenzione sulla propria omosessualità, e ciò comporta naturalmente ansia, vergogna e disistima.
 
Per evidenziare maggiormente le specificità del bullismo omofobico rispetto ad altre forme di violenza tra pari, facciamo riferimento a Lingiardi (2009), il quale sottolinea che: 
 
1) Le prepotenze chiamano sempre in causa una dimensione nucleare del Sé psicologico e sessuale.
 
2) La vittima può incontrare particolari difficoltà a chiedere aiuto agli adulti (teme di richiamare l'attenzione sulla propria sessualità, con i relativi vissuti di ansia e vergogna, e il timore di deludere le aspettative dei genitori). Tra l'altro, gli stessi insegnanti e genitori possono a volte avere pregiudizi omonegativi, da cui svariate conseguenze: reazioni di diniego che portano a sottostimare o negare gli eventi; preoccupazione per l'"anormalità" del bambino, con relativi propositi di "cura"; atteggiamento espulsivo che si aggiunge alle dinamiche persecutorie.
 
3) Il bambino vittima può incontrare particolari difficoltà a individuare figure di sostegno e protezione fra i suoi pari. Il numero dei potenziali "difensori della vittima" si abbassa nelbullismo omofobico: "difendere un finocchio" comporta il rischio di essere consideratiomosessuali.
 
4) Il bullismo omofobico può assumere significati difensivi rispetto all'omosessualità. Attraverso gli agìti omonegativi, il bambino afferma il suo essere "normale" e la propria conformità al genere; le prepotenze omofobiche potrebbero essere l'unico modo per dare sfogo ad affetti omosessuali repressi".
 
Da quello che possiamo notare, non è semplice confrontarsi con questi agìti omofobici, né tantomeno riuscire a riconoscerli per fronteggiarli al meglio.
 
Un maggiore approfondimento della letteratura sul fenomeno ci permette, ancora, di suddividere il bullismo omofobico  in due sottotipi, il bullismo eteronormativo e il bullismo basato sull'orientamento sessuale.
 
Il primo sottotipo riguarda l'insieme degli atteggiamenti, delle credenze e delle opinioni che tenderebbero alla rivendicazione dell'idea secondo cui l'eterosessualità sia la sola, naturale, forma di sessualità; questo tipo di bullismo si basa principalmente sul concetto di eterosessismo (per un approfondimento del concetto, si legga Herek, 2004). Invece, il secondo sottotipo di bullismo tende a riferirsi unicamente all'omosessualità, e riguarda l'esplicita situazione di prepotenza nei confronti di persone il cui orientamento omosessuale è noto; fa così riferimento ai concetti di omofobia e omonegatività.
 
Una volta descritto ed inquadrato il fenomeno, risulta ora importante effettuare una disamina degli effetti di questo fenomeno e della sua incidenza sia in Italia che a livello europeo. Troppo spesso, infatti, si tende a pensare che aggressioni verbali o fisiche facciano parte della quotidianità di ogni adolescente e che episodi molte volte semplificati col termine di "ragazzate" siano utili a temprare la personalità del giovane.
 
Purtroppo, invece, episodi che assumono la forma del bullismo omofobico tendono a causare gravi danni sia a livello fisico che a livello psicologico. Se i danni a livello fisico tendono il più delle volte a rimarginarsi col tempo, lo stesso non si può dire per le difficoltà psicologiche che derivano dall'essere "bullato". 
 
Le conseguenze dell'omofobia si manifestano innanzi tutto nell'acuirsi dell'omofobia interiorizzata, che porta la vittima a sviluppare sensi di colpa e vergogna per gli episodi subiti: la vittima tende a cercare una propria responsabilità per l'accaduto, sia a livello comportamentale (credendo di aver agito male), sia a livello disposizionale (considerandosi, ad esempio, un errore della natura). Questo naturalmente comporta un crollo dell'autostima e un senso di impotenza che ha forti conseguenze in termini di depressione. Inoltre, le vittime tendono a sviluppare paure e preoccupazioni elevate: rivivendo mentalmente gli episodi di violenza subita, temono una loro ripetizione e per questo riferiscono di non riuscire, ad esempio, a tornare a scuola. Queste paure, poi, continuano a tormentare le vittime anche fuori dal contesto scolastico, abitando i loro incubi e causando anche improvvisi attacchi di collera che non hanno motivo d'essere.
 
Tutto ciò comporta una percentuale elevata di abbandono scolastico da parte delle vittime del bullismo omofobico, preceduto da una diminuzione del rendimento scolastico e da difficoltà e paure a tornare a scuola. Con il passare del tempo, e il ripetersi delle prevaricazioni, si assiste quindi ad un costante isolarsi della vittima, che tenderà a chiudersi sempre più in se stessa e soprattutto eviterà di parlare dell'accaduto: il timore di ripercussioni nel caso in cui si diffonda la voce di omosessualità è un forte freno alla denuncia, e contribuisce a creare una condizione di disadattamento sempre più marcato. Appare semplice comprendere come poi, tale disadattamento, costituisca le fondamenta del disagio che porta moltissimi giovani adolescenti GLBT al suicidio: si tratta di uno degli esiti più comuni dell'esposizione ripetuta ad atti di bullismo affiancata da sentimenti di depressione e impotenza e dall'isolamento sociale di cui sono solitamente vittime i ragazzi bullati. 
 
Considerando l'incidenza del fenomeno, e i rischi ad esso connessi, negli ultimi anni molti studiosi si sono concentrati quindi sugli effetti del bullismo omofobico sul benessere psicologico delle vittime; i molti studi presenti in letteratura, trovano come punto centrale di riferimento, a livello teorico, il concetto di minority stress. Partendo dalla definizione di minority stress come uno stress psicosociale derivante dall'appartenenza ad uno status minoritario, I. H. Meyer suggerì che le persone omosessuali, così come i membri di altri gruppi minoritari, sono soggetti ad uno stress cronico, correlato alla loro stigmatizzazione. Tuttavia, se i membri di una comunità socialmente stigmatizzata, come ad esempio quelli di una popolazione soggetta al razzismo, possono contare sull'appoggio familiare, la minoranza omosessuale non ha modelli positivi di riferimento e difficilmente trova sostegno nella propria famiglia, la quale può, anzi, assumere atteggiamenti ostili e di rifiuto. Il minority stress è fortemente connesso, dunque, alle dinamiche di bullismo omofobico. 
 
Le conseguenze del bullismo omofobico, però, non si rilevano soltanto nelle vittime: nemmeno gli aggressori ne sono, infatti, esenti. Sicuramente il bullo, al pari della vittima, mostrerà un ridotto rendimento scolastico e un isolamento rispetto al gruppo dei pari; inoltre, molti degli aggressori tendono a sviluppare, in età adulta condotte delinquenziali, nonché disturbi dell'umore. Infine, sebbene sia più raro, anche i bulli corrono il rischio di cadere in condotte suicide.
 
Infine, per mettere completamente a fuoco il fenomeno, appare interessante effettuare un'analisi della sua incidenza. Il bullismo omofobico si mostra, infatti, come un fenomeno caratteristico, in particolar modo, dell'ambiente scolastico; ed è all'interno di questo ambiente che si sono concentrati la maggior parte degli studi a riguardo. Moltissime hanno messo in evidenza come nell'ambiente scolastico l'omofobia sia per la maggior parte degli studenti una presenza consapevole: il 94% degli studenti ricorda di aver udito epiteti omofobici più di una volta nell'ambiente scolastico. Emerge, altresì, che tali epiteti sono spesso pronunciati in presenza del personale scolastico, ovvero adulti che nella maggior parte dei casi hanno però evitato un intervento nella situazione. Nonostante la conoscenza dell'omofobia sia aumentata nel corso del tempo, la sua presenza non sembra essere quindi diminuita. 
 
Buona parte di tali studi proviene dalla letteratura internazionale, mentre, purtroppo, nel nostro Paese, le indagini mirate sul bullismo omofobico risultano essere ancora rare, sebbene nel corso degli anni l'interesse sul fenomeno sembra essere aumentato. Da quanto è possibile rilevare dall'analisi di queste indagini, esistono alcuni fattori che potrebbero arginare e ostacolare il manifestarsi di episodi di bullismo omofobico. A partire proprio dagli studi sul campo, la letteratura ha attribuito un'importanza fondamentale in tal senso a due fattori: l'ambiente scolastico e il gruppo dei pari. 
 
L'ambiente scolastico viene scelto dai ragazzi per l'espressione di dinamiche omofobiche, influenzando la formazione di atteggiamenti e comportamenti omofobici; naturalmente, un maggiore o minore adattamento della popolazione GLBT all'ambiente scolastico dipenderà da tutta la rete relazionale dell'ambiente stesso, compresi i docenti che hanno la possibilità, col proprio ruolo, di moderare la sensazione di esclusione vissuta dagli alunni omosessuali.
 
Altro fattore importante di riduzione del fenomeno, dicevamo, è il gruppo dei pari, il quale nel tempo tende ad influenzare le attitudini e i comportamenti omofobici di ciascun membro del gruppo stesso. Inoltre, alcuni studi evidenziano che i comportamenti omofobi solitamente vengono perpetrati da gruppi, e in particolar modo da quelli nei quali si sostiene una gerarchia gruppale che giustifica l'esistenza di gruppi dominanti rispetto ad altri. Ambiente scolastico e gruppo dei pari costituiscono, pertanto due fattori sociali con i quali è possibile lavorare sulle dinamiche omofobiche al fine di ridurre gli episodi di bullismo; accanto a queste due dimensioni, altri studi hanno elencato fattori più prettamente personali, come dimensioni di personalità e stili difensivi.
 
 

Omofobia: Josh Hutcherson e Avan Jogia contro il bullismo

 
L’attore diciannovenne Joshua Ryan Hutcherson, che nonostante la sua giovane età, ha già lavorato con attori e attrici di tutto rispetto come Robin Williams e l’attrice più acclamata del momento Kristen Stewart, ha recentemente deciso di partecipare a una campagna sociale contro il bullismo omofobico nelle scuole. L’attore del film “The Kids Are All Right“, che in Italia si intitola “I ragazzi stanno bene“, ha partecipato alla campagna contro il bullismo gay Straight but Not Narrow (“Etero, ma di ampie vedute”).

                                                                                                                            
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Già qualche giorno fa, un coetaneo del giovane attore statunitense, l’attore canadese Avan Jogia 

ha prestato il suo volto per questa importante campagna contro la violenza nei confronti dei giovani omosessuali.

Ecco cosa spiegava qualche giorno fa l’attore nel suo videomessaggio: “Sono qui per darvi un messaggio importante. Siamo un gruppo di uomini che parla agli uomini sugli uomini che amano gli uomini. Non dovreste avere problemi con i vostri amici maschi che amano altri maschi. Non vi fa sembrare meno maschi e non vi fa sembrare come se vi piacessero i ragazzi se avete amici omosessuali. Andiamo tutti d’accordo. Siamo tutti uomini. E gli uomini non lasciano che altri uomini non rispettino altri uomini. Quindi fa l’uomo se sei un vero uomo e difendi i tuoi amici che amano uomini“.

Chiaro, no? Ecco a voi i video di Avan Jogia e Joshua Hutcherson per la campagna Straight but Not Narrow.                                             

Roma. Omofobia , bullismo o semplici giochi tra coetanei? Il web si divide sul triste atto del “ragazzo dai pantoloni rosa”

 

 

Roma. – Questa è la pagina facebook creata per prendere in giro Davide. Molti i commenti di indignazione :  ASSASSINI!!! Questa morte vi peserà sulla coscienza per tutta la vita. Vergognatevi! Scrive Alex;mentre Alberta, pochi secondi fa scrive: Che il tuo gesto porti le persone a capire che siamo tutti uguali e che l’amore non ha sesso! Ma le persone che ti hanno fatto del male devono pagare…”

In molti hanno vomitato  sul web la nausea per questo episodio. Ma all’orizzonte è subito polemica. Il web si divide in due: c’è chi chiama in causa accuse di vero e proprio omicidio, e per questi è omofobia silente, e chi invece parla di giochi adolescenziali. Semplici giochi tra coetanei, senza riferimenti all’omosessualità di Davide. Dunque “semplici giochi” avrebbero portato Davide al suicidio? Attendiamo le risposte degli inquirenti. Intanto stasera per ricordare Davide il circolo di cultura omosessuale Mario Mieli, Queerlab, l’Associazione Radicale Certi Diritti e Luiss Arcobaleno hanno organizzato per stasera, alle 19.30, una fiaccolata che partirà da via di San Giovanni in Laterano per arrivare al Liceo Cavour. A proposito Mario Mieli: “Vessato dai compagni da più di un anno, rimproverato da un’insegnante, non ce l’ha fatta più e si è impiccato con una sciarpa, davanti al fratello minore. L’ennesima bruttissima pagina che racconta una condizione, quella di gay e lesbiche e trans ancora in età scolare, che sono preda dell’ignoranza, insultati ed emarginati . Registriamo questo episodio di bullismo ignorante che colpisce chi si trova in un età delicatissima di affermazione della propria identità e si trova spesso a farlo in un contesto sociale e familiare ostile o indifferente. Finché le Istituzioni non prenderanno veramente sul serio questo problema collaborando con le Associazioni che se ne occupano, non riusciremo a scardinare alla radice un problema che è prima di tutto culturale. Crediamo inoltre che alle aggressioni, alle vessazioni, agli insulti nei confronti di gay lesbiche e trans uno stato democratico deve rispondere con leggi adeguate e pene veramente commisurate al delitto. È in tal senso che

Miriam De Vita

    

 

www.facebook.com/safety/bullying

“Tu non sei come noi: sei gay”

 
 

Lo hanno preso di mira per i suoi atteggiamenti, ritenendolo un omosessuale, fino al punto da non farlo più uscire di casa per la vergogna.  È questa l’odissea, condita di battute e scherzi pesanti, subita da uno studente vicentino di 16 anni. a deriderlo i compagni di classe.

IL CALVARIO – Tanto da spingere i genitori che volevano metter fine alle vessazioni a cui il giovane era sottoposto, a rivolgersi ai carabinieri. Così i cinque compagni di scuola – quattro maschi e una femmina – sono stati convocati e convinti a desistere dalla persecuzione. Un calvario iniziato all’inizio dell’anno scolastico, il settembre scorso, come ha riportato venerdì 30 novembre Il Giornale di Vicenza, quello del ragazzo che vive in una località della provincia berica, diventato il bersaglio dei compagni per il suo modo di vestire eccentrico e i gusti considerati troppo femminili.

CHIUSO NEL BAGNO DELLE RAGAZZE – Vessazioni e persecuzioni quotidiane. Questo ciò che lo studente doveva sopportare. Molte volte chiuso nel bagno delle ragazze, costretto a portare delle riviste gay nello zaino o a ricevere chiamate sul cellulare visto che il suo numero di cellulare era stato apposto alle fermate dell’autobus con tanto di offerte omosessuali esplicite. Esasperati i genitori hanno deciso di rivolgersi agli uomini dell’Arma. Non sopportavano più l’idea che il figlio non uscisse di casa. Soprattutto per paura. Così i militari, dopo la denuncia dei genitori, hanno deciso di convocare in caserma i cinque, convincendoli a desistere dalle vessazioni.

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OMOFOBIA – Un nuovo caso di omofobia quello di Vicenza, avvenuto a pochi giorni dal suicidio dello studente romano. E proprio come in quel caso, dove poi il giovane si era tolto la vita, anche questa volta il 16enne preso di mira da cinque suoi compagni di scuola aveva la sola colpa di avere atteggiamenti femminili e di vestire eccentrico. “L’ennesimo caso che dimostra come ci sia un’allerta omofobia che riguarda le scuole. Questo caso è emblematico. Dimostra che tra i giovani esistono alcune forme di discriminazione verso quei compagni gay o ritenuti tali” denuncia Fabrizio Marrazzo, portavoce del Gay Center.

LA LOTTA A SCUOLA – Tanto che per l’associazione “è urgente e necessario che sulle scuole si faccia un lavoro di educazione alla diversità e all’affettività. I nostri sondaggi effettuati tra gli studenti dicono che c’è una grande maggioranza di ragazzi e ragazze gay che sono state vittime di azioni omofobe a scuola’”. ”Per questo è importante non abbassare la guardia ed è opportuno che le istituzioni intervengano con campagne adeguate anche a sostegno dell’azione che svolgono le associazioni. La lotta e il contrasto all’omofobia può e deve partire anche dai banchi di scuola per favorire una convivenza civile tra i giovani nel rispetto delle diversità” .

ZAIA – Condanna che arriva anche da Luca Zaia, presidente della Regione Veneto “Non entro nel merito della vicenda, ma tutte le azioni di discriminazione rappresentano la piu’ alta e vomitevole dimostrazione di incivilta’ che una comunità possa dare”. Ma soprattutto il presidente auspica ad una punizione esemplare per i giovani.”Le discriminazioni di qualsiasi tipo sono una ferita per un paese civile e non dovrebbero esistere. Mi auguro che ci sia una punizione esemplare per questi fatti e che sia soprattutto educativa per far capire ai giovani la vita e come funziona il mondo. A tale proposito – ha concluso Zaia – metto a disposizione la mia amministrazione, abbiamo sempre bisogno di volontari negli ospedali e nelle case di riposo”.

I DATI SUL FENOMENO – Dati allarmanti e sempre in crescita quelli sull’omofobia. “Ogni anno, ogni 17 maggio (giornata mondiale contro l’omofobia) la Rete degli Studenti medi e l’Unione degli Universitari organizza iniziative in tutte le scuole per rilanciare la lotta contro l’omofobia – ricorda Irone, presidente della Rete- ma oggi più che mai ci sentiamo di dire che per noi il 17 maggio è tutti i giorni dell’anno. Per noi il 17 maggio è tutto l’anno: basta omofobia” lo slogan usato dagli studenti lo scorso martedì 20 novembre, quando a Roma un ragazzo di 15 anni è arrivato a togliersi la vita”.

L’AMORE E’ OLTRE – “Pensiamo che l’amore vada oltre gli stereotipi, e notiamo con sconcerto che è ancora troppo diffuso il sentimento dell’omofobia che, soprattutto nelle scuole superiori, impedisce a ragazzi della nostra eta’ di vivere serenamente il loro orientamento. L’Europa sarà costretta a chiederci una legge contro l’omofobia? continua Irone – il nostro paese è agli antipodi per quanto riguarda gli strumenti giuridici per combattere episodi come questi. Non possiamo più aspettare. Noi a tutto questo diciamo “basta”.Solidarietà all’ennesima vittima, e solidarietà a tutte quelle che ogni giorno portano ancora questi nomi”.

 

Glee, Chris Colfer vittima di bullismo omofobo a scuola

 

 

 

 

 
 
                         
 
L’attore Chris Colfer, divenuto celebre grazie al personaggio di Kurt Hummel, interpretato nella serie televisiva di successo ”Glee”, si confessa in un’intervista a cuore aperto, dove il giovane ragazzo, che alcuni mesi fa ha firmato un contratto per scrivere due libri per bambini (il primo dei quali, ”The Land of Stories”, sarà nelle librerie a partire dal 17 Luglio 2012) ha ammesso di essere stato spesso bersaglio di insulti e attacchi da parte dei compagni ai tempi della scuolaAll’inizio non lo amavo particolarmente, ma puntata dopo puntata mi sono sentito letteralmente conquistato dalla simpatia, dalla bravura e dalla incredibile energia del personaggio di Kurt Hummel di Glee, magistralmente interpretato dal ventenne attore gay dichiarato Chris Colfer che è stato in nomination come miglior attore non protagonista agli Emmy, gli Oscar della televisione americana.

Il suo personaggio rientra nei clichè del gay rappresentato sul piccolo e grande schermo essendo parecchio effeminato, amante del ballo, del musical, ma a differenza degli stereotipi Kurt sceglie di combattere la piaga dell’omofobia dilagante nella sua scuola e trova un grande conforto in Blaine, per il quale perderà la testa.
Peccato che a baciarlo martedì scorso sia stato il bullo che gli dava la caccia!

Ma sentite cosa dice Chris Colfer del suo personaggio:
Con tutto il rispetto per i miei colleghi di cast, loro non ricevono tutte le lettere che mi arrivano. E messaggi che non dicono solo ‘Sono il tuo fan più grande’ ma anche frasi come ‘Kurt mi ha salvato la vita o ‘ Kurt non mi fa sentire più solo’. Quando stavo crescendo, non c’era un personaggio come questo. Penso che la cosa che rende speciale Kurt sia il trovare se stesso di fronte ai nostri occhi“.

Questo è quanto dichiarato dall’attore al magazine Entertainment Weekly: personalmente trovo queste parole molto sincere. Certo, se ci fossero più Kurt – gay coraggiosi e non omosessuali in procinto di cambiare sponda – anche nelle nostre produzioni ci sarebbe meno omofobia, non credete?

 
 

Omofobia

 

L'omofobia è la paura e l'avversione irrazionale nei confronti dell'omosessualità e di persone gaylesbiche,bisessuali e transessuali (LGBT), basata sulpregiudizio. L'Unione Europea la considera analoga al razzismo, alla xenofobia, all'antisemitismo e al sessismo[2]. Con il termine "omofobia" quindi si indica generalmente un insieme di sentimenti, pensieri e comportamenti avversi all'omosessualità o alle persone omosessuali.

L'omofobia non è inserita in alcuna classificazione clinica delle varie fobie; infatti, non compare né nelDSM né nella classificazione ICD; il termine, come nel caso della xenofobia, è solitamente utilizzato in un'accezione generica (riferita a comportamenti discriminatori) e non clinica.

Il termine omofobia (che deriva dal greco όμός = stesso e φόβος = timore, paura) significa letteralmente “paura nei confronti di persone dello stesso sesso” e più precisamente si usa per indicare l’intolleranza e i sentimenti negativi che le persone hanno nei confronti degli uomini e delle donne omosessuali. Essa può manifestarsi in modi molto diversi tra loro, dalla battuta su un una persona gay che passa per la strada, alle offese verbali, fino a vere e proprie minacce o aggressioni fisiche. In seguito all’omofobia, ad esempio, alcuni eterosessuali, raccontano di sentirsi a disagio in presenza delle persone gay o lesbiche, altri si mettono a ridere quando le incontrano per strada. Altri ancora dicono di essere disgustati dai loro comportamenti, arrabbiati o indignati. Anche la parola “frocio” può essere considerata come espressione di omofobia, perché di solito viene usata con una connotazione negativa.Come nasce l’omofobia? L’omofobia deriva dall’idea che siamo tutti eterosessuali e che è normale e sano scegliere un partner del sesso opposto (eterosessismo). Tale considerazione è basata anche sulla falsa credenza che in natura non esistano comportamenti omosessuali (“L’omosessualità è contro natura”); molti animali, invece, presentano comportamentiomosessuali, tra cui topi, criceti, porcellini d’India, conigli, porcospini, capre, cavalli, maiali, leoni, pecore, scimmie, e scimpanzé.L’omofobia, inoltre, si alimenta in vari modi. Innanzitutto la società è spesso diffidente nei confronti delle diversità, fino al punto di considerarle pericolose. Tale mancanza di fiducia riguarda tutte le minoranze portatrici di valori nuovi o diversi (es. anche i primi cristiani) perché minacciano quelli convenzionali. Il pregiudizio anti-gay, inoltre, è rinforzato dall’ignoranza e dalla mancanza di contatti con la comunità omosessuale. Gli individui che presentano alta omofobia, di fatto, non conoscono la realtà gay e lesbica e ne hanno un’idea astratta basata su ciò che hanno sentito dire dagli altri. Infine, noi tutti tendiamo ad agire in modo coerente con ciò che viene ritenuto desiderabile e giusto in base alle convenzioni sociali dominanti. Questo meccanismo, ad esempio, è alla base del fatto che si è soliti deridere i gay perché è consuetudine farlo.Le credenze negative nei confronti dell’omosessualità, inoltre, sono così diffuse nella nostra società che anche gay, lesbiche e bisessuali tendono ad essere omofobici e ad avere una visione negativa e disprezzante dell’omosessualità stessa. In questo caso l’omofobia prende il nome di omofobia interiorizzata, fenomeno che comporta spesso complicazioni psicologiche e può essere fonte di psicopatologia. In ogni caso, la persona omosessuale che si trovi a vivere in un ambiente omofobico può aver bisogno di un supporto psicologico che la aiuta a non lasciarsi abbattere dai pregiudizi delle persone.

L’ostilità nei confronti dell’omosessualità (omofobia) è così diffusa nella nostra società che la maggior parte dei giovani omosessuali ha avuto per genitori persone omofobiche e, nel corso della propria infanzia e adolescenza, ha frequentato insegnanti, compagni di scuola, amici di famiglia, ecc., omofobici. Il coming out, ovvero il processo di accettazione del proprio orientamento sessuale e di “uscita allo scoperto” per essere accettato dagli altri, è quindi molto difficile e fonte di sofferenza.
Durante il periodo di esplorazione della propria identità, infatti, gay e lesbiche sono già consapevoli della mancanza di approvazione del comportamento omosessuale  da parte della società e hanno già appreso, dal loro contesto culturale, che provare sensazioni omoerotiche è meritevole di vergogna. Ecco perché è spesso inevitabile che durante l’adolescenza gli omosessuali si percepiscano come diversi e inadeguati e che molti di loro scelgano il ritiro sociale e l’isolamento piuttosto che andare verso il coming out.

L’isolamento della persona omosessuale avviene secondo un modello ciclico. In un primo momento l’adolescente gay o lesbica non riesce a spiegare a se stesso la propria diversità ed è solo con il trascorrere del tempo che diventa consapevole di provare attrazione e sentimenti di amore nei confronti di persone dello stesso sesso. Tale consapevolezza, dal momento che viviamo in un contesto omofobico, può compromettere in modo serio la conduzione della vita sociale di alcuni, che preferiscono isolarsi e vivere la propria omosessualità nella segretezza, anziché effettuare il coming out. Altri, invece, si nascondono dietro uno stile di vita convenzionale, aumentando il divario tra “identità pubblica” e “identità privata o omosessuale”. Inoltre, durante l’adolescenza, tutti gli omosessuali, o quasi, hanno paura che le altre persone vengano a conoscenza del proprio orientamento sessuale e sviluppano, per questo, una maggiore attenzione nei confronti del contesto sociale di appartenenza, quindi diventano più sensibili alle offese dei loro coetanei.
Lo sviluppo di una rete di amicizie per i giovani gay e lesbiche, per questo motivo, che è parte indispensabile del processo di coming out, avviene molto lentamente, soprattutto a causa della paura di essere rifiutati dai propri compagni. La paura del rifiuto fa sì che spesso molti giovani omosessuali diventino dipendenti da una piccola rete di persone alle quali hanno rivelato (coming out) il loro orientamento sessuale. Così, durante l’adolescenza, si trovano a parlare di sé e dei propri problemi con poche persone e, nello stesso tempo, a nascondere la propria sessualità a tutti gli altri (inclusi genitori e fratelli). Tale situazione intensifica la percezione della loro diversità. Infine, la difficoltà di parlare con gli altri di sé favorisce nei giovani gay e lesbiche l’interiorizzazione acritica degli assunti omofobici ed eterosessisti della società, che sono causa dell’isolamento stesso. E’ quindi essenziale che il giovane omosessuale sia aiutato da uno psicoterapeuta preparato (meglio se di formazione cognitivo-comportamentale), se non vi riesce da solo, ad effettuare il processo dicoming out, accettando gradualmente il proprio orientamento sessuale, senza sentirsi inferiore, “difettoso” o “malato”, e uscendo allo scoperto per potersi vivere serenamente la propria vita relazionale-sessuale.

 

Omosessualità – Essere omosessuale

 

Una persona si definisce omosessuale quando prova sentimenti di innamoramento, desideri, ed attrazione erotica nei confronti di altre persone dello stesso sesso. Sul perché e sul come si diventiomosessuale si è molto parlato. Nonostante ciò, non esiste ancora uno studio scientifico o un’ipotesi ufficiale che possa, con assoluta certezza, spiegare il perché una persona diventiomosessuale ed un’altra eterosessuale. L’unica cosa di cui si è certi è che l’omosessualità non sia una malattia, ma semplicemente una variante normale della sessualità umana.

La parola omosessualità è stata tolta definitivamente dal Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali (DSM; Diagnostical and Statistical Manual of Mental Disorder, manuale dove psicologi e psichiatri possono trovare le linee guida con cui stabilire la presenza o meno di un disturbo mentale) già dal 1973. Il documento dell’Associazione Psichiatrica Americana (APA), che sanciva questa modifica, dichiarava: “L’omosessualità in sé non implica un deterioramento nel giudizio, nell’adattamento, nel valore o nelle generali abilità sociali o motivazionali di un individuo”. Già da molto tempo, dunque, è ingiustificato considerare l’omosessualità come una malattia, ma nonostante questo le persone comuni continuano ad avere questo pregiudizio e gli omosessualicontinuano ad essere vittime dell’omofobia! La società in cui la persona omosessuale vive, infatti, è ancora fortemente omofobica ed eterosessista, e ciò influenza enormemente lo sviluppo individuale ed il comportamento di gay e lesbiche. A causa dell’omofobia e dell’ eterosessismo, infatti, la persona omosessuale, fin dall’adolescenza, sperimenta sensazioni di diversità e di sofferenza emotiva, che la spingono verso l’isolamento sociale e che le impediscono di venire allo scoperto (coming out).

L’omofobia interiorizzata indica l’insieme di sentimenti (rabbia, ansia, senso di colpa, ecc.) e atteggiamenti negativi verso caratteristiche omosessuali in se stessi e nelle altre persone. Il suo sviluppo è considerato, tuttavia, un processo normale nella vita di gay e lesbiche, in quanto è un’inevitabile conseguenza del fatto che tutti i bambini sono esposti alle norme eterosessiste e ai pregiudizi sull’omosessualità. Quasi tutte le persone omosessuali, quindi, hanno sperimentato, nel corso della propria crescita, atteggiamenti ed emozioni negative verso la propriaomosessualità. In alcuni casi, però, l’omofobia interiorizzata può causare un disagio tale da comportare lo sviluppo e il mantenimento di vere e proprie psicopatologie.

Dalle ricerche scientifiche sull’argomento, infatti, risulta che gay, lesbiche e bisessuali presentano una più alta prevalenza di disturbi psichiatrici rispetto agli eterosessuali, tra cui depressione,attacchi di panicoansia generalizzata, tentativi di suicidio. Secondo alcuni studiosi lo stigma, il pregiudizio e la discriminazione nei confronti dell’omosessualità creano un ambiente sociale così stressante da favorire lo sviluppo dei problemi psicologici. In modo più specifico, il processo distress in gay, lesbiche e bisessuali dipenderebbe da diversi fattori collegati tra loro: gli eventi dove si è vittima del pregiudizio (discriminazione e violenze), l’aspettativa del rifiuto da parte degli altri, il nascondersi, le strategie di fronteggiamento dell’omosessualità stessa ed il supporto sociale e, infine, l’omofobia interiorizzata. Questa ipotesi è stata definita con il termine minority stress e attualmente sembra essere la teoria più appropriata per spiegare l’alta prevalenza di disturbi psichiatrici in gay e lesbiche.
Nel brano che segue, Thomas Couser (1996) descrive cosa significa essere omosessuale e vittima di discriminazione e violenza verbale e spiega cosa ha provato quando ha visto la sua macchina ricoperta di scritte offensive riguardanti la propria omosessualità. Egli afferma: “La possibilità che potessi essere osservato mi rendeva paranoico. È questo – riflettevo – ciò che significa essere omosessuale… essere costantemente infastidito da gente completamente estranea. Nel lasso di questi brevi momenti, cominciai a pensare che ci vuole una buona dose di coraggio per essere apertamente gay… come mi sentivo vulnerabile! Per alcuni giorni provai paura e shock, paura che l’incidente si potesse ripetere o che la violenza potesse aumentare. Mi sentivo violato e mi faceva rabbia la mia incapacità di reagire. Mi sentivo come fossi stato etichettato per sempre…gli stereotipi del genere e l’omofobia sminuiscono e rendono inumani tutti noi”